Non è proprio la soluzione per la sete nel mondo, ed i deserti rimarranno tali nonostante questa invenzione, ma è chiaramente una provocazione. L’Unicef ha presentato una macchina che riesce a trasformare il sudore nei vestiti in acqua potabile.
Provocazione perché a ben vedere occorre tanta di quella energia per un bicchiere di acqua, che alla fine conviene comprarsi un cartone da dodici di Brunello di Montalcino. Ma con questo si capisce come sia difficile avere acqua da bere in quei luoghi dove non c’è. Non a caso si parla di sudore. Distillare pipì sarebbe magari più facile, anzi lo è sicuramente. Per il sudore la catena produttiva parte da una centrifuga e poi tutto un insieme di collettore e distillatore per togliere i batteri. Alla fine devi aggiungerci anche dei sali, che bere acqua distillata è inutile…
La Svezia è oggi il primo paese dove migliaia di persone hanno bevuto il proprio sudore. A Gothenburg per la precisione. Dicono che il sapore è buono come l’acqua locale. Tutto grazie ad un nuovo componente purificatore sviluppato dall’industria HVR in collaborazione con l’istituto per la tecnologia svedese. In pratica si tratta di un tessuto che lascia passare il vapore ma blocca tutte le sostanze, dai batteri alla polvere, ai Sali. Questo filtro agisce più in fretta della distillazione comune, quella per intenderci col fornellino, l’alambicco eccetera, ed è molto più economico del sistema di purificazione delle acque sporche che hanno sulla stazione spaziale. La quantità di acqua dipende da quanto uno suda, e vi garantisco che in questi giorni di afa in un ufficio senza aria condizionata, come il mio, io ed i miei colleghi potremmo riempire una piscina e farci qualche vasca in allegria… In una maglietta ce ne sarebbe circa 10 ml, un piccolo sorso. Per questo occorre che siano più persone a dissetarci. In una esibizione per pubblicizzare la campagna dell’Unicef, sono state trattate magliette intrise dopo un torneo di calcio giovanile ed una cyclettata in compagnia da parte di sudatissimi volontari.
Ok, si tratta di una boutade. Sono altri i sistemi per dare acqua alle popolazioni che soffrono la sete, a partire da dissalatori solari a filtri ceramici. E la cosa va ben oltre lo scavare pozzi in lande inquinate e prendersi orrende malattie per tutto quello che comporta.
La tecnologia per farlo, comunque c’è. Ora c’è solo bisogno che si abbassino i costi.
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