"Noi artisti non siamo oggetti né giocattoli usa e getta, ma persone!" Non sono parole di Elephant man, il protagonista del leggendario film di David Lynch, ma di Alvaro Vitali che, intervistato recentemente da Federica Panicucci, ha commentato il momento in cui cominciò a non ricevere più offerte lavorative. La sua carriera si era arenata a causa di unavera e propria esclusione dal mondo dello spettacolo.
"Il telefono ha smesso di squillare - ha raccontato — e io ho provato a re-inventarmi, ho imparato a fare teatro, raccontare barzellette, cantare e ballare nelle piazze. A un certo punto, però, pregavo perché non mi chiamassero più a Milano, perché non avevo nemmeno i soldi per la benzina", ha rivelato l'artista. Triste storia di un attore di grande fama che non può far conto su un bagaglio di talento e competenze necessarie a ricostruire una professionalità dopo i grandi successi di personaggi come Pierino e altre macchiette simili, che andavano avanti a forza di peti e doppi sensi. Vitali aveva, invero, cominciato la sua carriera cinematografica con Federico Fellini che lo scelse nel 1969 per una piccolissima parte inSatyricon, e poi lo volle ancora in I clowns, Roma, dove interpreta un ballerino di tip tap d'avanspettacolo, una sua passione, e in Amarcord.
Quando l'imitatore Dario Ballantini fece debuttare la sua caricatura di Luca Cordero di Montezemolo nei suoi servizi, Antonio Ricci pensò di affiancargli proprio Vitali nei panni di Todt, facendolo tornare così sulle scene per il piccolo schermo. Seguirono alcune gag dove imitava la madre dell'avvocato Giulia Bongiorno e la principessa Marina Ricolfi Doria di Savoia. Nel 2006 ha partecipato alla terza edizione del reality La fattoria, una specie di cimitero degli elefanti mediatici, ma dopo poche settimane ha dovuto abbandonare lo show, per il riacutizzarsi dell'asma, malattia di cui soffre. Una parabola in declino, farcita dal rancore che Vitali prova verso coloro i quali utilizzano le sue battute e i suoi personaggi.
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